Template Joomla scaricato da Joomlashow

  • PDF

CRITICA

Antonio D’Arliano - 91 anni – un Viareggino che fa onore alla sua città. Artista affermato ed amato dai suoi concittadini. Autentico ed indimenticabile “mago” della cartapesta per l’eleganza e la maestosità delle sue creazioni che ancora oggi trovano un’eco quasi mitica nella storia del Carnevale di Viareggio. Con le sue “Marine” ha fermato sulle tele una parte della storia di Viareggio, quella leggendaria dei Capitani e dei Barcobestia. Una mostra doverosa perciò, con tanto affetto per la sua città, affetto che i Viareggini non possono che apprezzare e contraccambiare.

Dr. Antonio Cima Sindaco di Viareggio

 

----------------------------------------------------------------------------------------------

 

Il 20 settembre 1966 il prof. Strocco, già professore della Regia Accademia Albertina di B.A. di Torino, scriveva alla Galleria “La Navicella”:

“La mostra del pittore Antonio D’Arliano che ebbi il piacere di vedere organizzata nella Vostra galleria, mi fu di grande sorpresa. La sorpresa di trovarmi, una volta tanto, di fronte ad opera di un vero pittore ed artista. Basterebbero le sole vedute della darsena, così magnificamente rese vive nel tocco e nel colore fra sinfonie di mille riflessi oro perla preziosi, a farlo degno dei migliori Maestri dell’800. Peccato che la critica moderna, sempre pronta ed attenta a correre dietro alle farfalle, non trovi anche tempo e inchiostro per occuparsi di questi seri artisti e umili pittori – tardivamente”.


Ricordare Antonio D’Arliano, chiamato affettuosamente Tono da quanti lo hanno conosciuto e da tutti i Viareggini, significa ricordare una parte importante della vita culturale della nostra città del Novecento, quella legata al Carnevale e quella del lavoro del mare.

Tono è stato infatti uno dei principali artefici del Carnevale così come lo conosciamo ancora oggi: è sua, insieme ai fratelli Pardini, l’ideazione della moderna tecnica di costruzione dei carri, adottata da tutti i maghi della cartapesta fin dagli ormai lontani anni Venti del secolo scorso. Le sue creazioni sono ancora vive nel ricordo di tutti come un mito di eleganza e di semplicità al tempo stesso e un tripudio di forme e di colori.

Trascorsa la stagione del lavoro di costruttore del Carnevale, a metà degli anni Sessanta egli si dedica interamente alla pittura, e il suo lavoro non conosce mezzi termini: era dedizione totale nei confronti della cartapesta e diviene dedizione totale nei confronti della tela, del carboncino, del pennello. Per Tono il lavoro artistico non è mai dovere, ma sinonimo di passione, di amore incondizionato, e il suo linguaggio è talmente chiaro e diretto che chiunque si trovi ad osservare i suoi dipinti non può fare a meno di essere contagiato dall’entusiasmo vitale che esprimono. D’Arliano non dipinge la Viareggio che vede e che vive, ma la Viareggio che ricorda: la Viareggio di ieri, per parafrasare il titolo di uno dei suoi dipinti degli ultimi anni. Soggetti privilegiati sono le barche, le vele, il mare, i pescatori, quasi sempre calati nella cornice di una Viareggio d’altri tempi, leggendario luogo della memoria.

Presentare al pubblico le opere di Tono D’Arliano e raccontarne la vita significa conoscerne la propria storia e, insieme, riconoscere e valorizzare l’opera artistica di uno dei figli della nostra terra, che lo pone in linea diretta con i più grandi e conosciuti artisti della Versilia.

Ciro Costagliola

 

----------------------------------------------------------------------------------------------


Nella galleria di personaggi che hanno fatto la storia del Carnevale di Viareggio, Antonio D’Arliano, o Tono come Viareggio ed il mondo del Carnevale affettuosamente lo ricordano, è certamente una figura miliare.

Artista schivo, semplice, generoso, con il suo stile che gli è valso il titolo di mago del colore è riuscito a regalarci una produzione artistica altamente rappresentativa della creatività e della fantasia viareggina, tracciando un lungo percorso della storia culturale della nostra città.

La mostra e questo catalogo che ripercorrono la feconda creazione di Antonio D’Arliano rappresentano certamente un doveroso segno di riconoscenza verso un “grande” del Carnevale di Viareggio che affidiamo alle generazione future affinché conservino una memoria che appartiene anche a loro.

Giovanni Maglione

Presidente della Fondazione Carnevale

 

----------------------------------------------------------------------------------------------


La poesia, i colori, le luci, i suoni rivivono i queste pagine che ci parlano di Tono D’Arliano, geniale e audace artista della carta a calco e pittore di una Viareggio che tutti portiamo nel cuore.

Conoscere il suo vissuto – dove si ravvedono esempi di schiettezza, semplicità, umanità anche nei fatti più modesti – è ripercorrere la storia della nostra città e condividerne i sentimenti e la filosofia di vita che lo hanno ispirato.

Lasciamoci, quindi, trasportare dal vento che gonfia le vele dei suoi bastimenti non dimenticando che l’intera opera di Tono, anche per quella sua carica umana, rappresenta una delle espressioni maggiormente apprezzate e nella quale i Viareggini continuano ad identificarsi a dispetto dei tempi che spesso - come granelli di sabbia – ci sfuggono dalle mani ma che a volte ci ritornano nelle parole di un libro come questo che invito a godere in ogni sua parola.

Luca Lunardini

Sindaco di Viareggio

 

----------------------------------------------------------------------------------------------


Occorre aver navigato per mare e per gli oceani; avere sfidato i marosi e gli uragani; aver conosciuto i miracoli delle vele e imparato a conoscere le voci dei venti soffianti fra le sartie; avere la pelle rosa dal salmastro; aver passato nottate sul ponte di antichi legni, al timone fra bonacce e fortunali; occorre aver conosciuto ed amato la vita sul mare per poter esprimere efficacemente sulle tele, con segni e colori, quelle immagini che ci offre il pennello di Tono D’Arliano, pittore (e navarca dalle vene pregne di salsedine), artista che esprime la poesia e la malia dell’andar fra le onde.

Tono D’Arliano, uomo di mare, ma soprattutto artista, efficace descrittore di situazioni e di vicende e di aspetti che hanno per teatro gli sconfinati orizzonti fra cielo e mare, si propone fra i maestri dell’impressionismo per la perizia della descrizione, per la scrupolosità dei dettagli, ma soprattutto per saper mostrare aspetti spesso inediti di quel mondo fatto di fatica, di ardimento, di speranze, di delusioni.

Pittore impressionista proponente, con qualche barocchismo che sottolinea il racconto, questo suo “romanzo del mare”, D’Arliano riesce ad esprimere ed a far intendere il ritmo della vita di lavoro sui bastimenti; le ansie, le nostalgie, i travagli, il sudore degli uomini del mare.

Pittore d’istinto o gestuale, si potrebbe pensare, se non si sapesse dei suoi studi giovanili, della sua formazione presso l’Accademia “Passaglia” di Lucca, delle sue amicizie con artisti famosi, del suo sodalizio con i vari ingegni che facevano gruppo qui in Versilia, allorquando Tono, abbandonati golette e brigantini, passò all’arte attraverso le fantastiche esperienze folkloristiche del Carnevale viareggino, del quale fu il primo indimenticabile “mago”.

Non è facile parlare della sua pittura in termini strettamente critici giacché l’efficacia dei suoi temi ed il lirismo che li caratterizza, portano a valutare il suo lavoro principalmente sotto il profillo sentimentale, cosicché la poesia prende il sopravvento sulla critica. E le cose, gli oggetti (ancore, gomene, prore, verricelli, reti, vele) da Tono diligentemente descritti, sono l’aspetto esteriore che provoca i sentimenti (ansie, aneliti, nostalgie) di questa sua meravigliosa favola marina.

Luciano Marcucci

 

----------------------------------------------------------------------------------------------


Maschere e barche nella vita e nell’opera di Antonio D’Arliano

Da oltre 50 anni i suoi bastimenti navigano nelle tele che egli dipinge: sono barche che solcano sotto ogni latitudine i mari, il vento ora canta, ora urla in quelle vele. Parlare con Antonio D’Arliano, il popolare Tono viareggino, è come ritrovarsi a bordo, su velieri carichi di ricordi, con equipaggi di un tempo, quando la vela era la vita, orgoglio e vanto della nostra marineria mercantile. Anche lui, per seguire le tradizioni familiari era stato in mare, prima che all’Accademia “Passaglia” di Lucca, e vi era ritornato, ma con le stellette sul bavero. La guerra aveva creato più disoccupati che eroi, la gramigna cresceva nei cantieri navali, i noli scarseggiavano e con essi gli imbarchi.

Seguendo il consiglio del suo maestro, il professor Marcucci dell’Accademia, si recò a decorare pareti e soffitti nelle sontuose ville versiliesi. Ma nei ritagli di tempo, segretamente non vedeva l’ora di dedicarsi alla pittura. Era il 1921. Davanti a quei quadri accatastati nella casetta in fondo all’orto, il professore gli allestì una mostra. “O professore, ma scherza?” prese a schermirsi Tono. Tutti i dipinti vennero acquistati da uno svizzero, tipo di poche parole. “Con quei soldi – ricorda ancora D’Arliano – ci sposai”. Quello che pareva un incoraggiamento ai sogni covati, si rivelò invece un’amara delusione. Sotto il regime arte e cultura balbettavano assurdi linguaggi. Per non ritornare agli sbruffi del mare, trovò scampo nei baracconi dove venivano costruiti i tradizionali “carri” carnevaleschi. Dotato di fine gusto satirico, modellatore e colorista squisito, in breve volgere di tempo fu quasi un gioco per lui suscitare stupore e popolarità. I suoi carri fecero scuola. L’attributo “mago” riservato in seguito ai “carristi” è a lui che si deve, elegante leggendario innovatore della manifestazione. Da “I tre cavalieri” il suo primo carro, a “Festa a bordo” del 1964 erano trascorsi quasi 40 anni.

Cessata l’attività carnevalesca, incoraggiato dagli amici, si dedica anima e corpo alla pittura. Il suo mondo è il mare, l’epoca quella della navigazione a vela: Viareggio aveva avuto celebri capitani e marinai altrettanto valenti, e maestri d’ascia e cantieri da cui erano usciti schooners, brigantini a palo e barcobestia d’inconfondibili linee. Non esisteva approdo sia al di qua che al di là dello Stretto dove le nostre barche ammirate dagli esperti non venissero riconosciute a distanza: “E’ viareggina!”. Quei tempi e quel mondo non dovevano andare perduti, affidati soltanto alla memoria sempre più fievole dei vecchi, generazione dopo generazione. Era quanto D’Arliano ripeteva a se stesso fermando sulle tele quelle barche, quel mondo e quei tempi come ex voto nella bufera della vita. Può sembrare che un pittore, una volta giunto a dominare il meccanismo dell’espressione, avrebbe dovuto compiacersi del potere conseguito, ed essere portato verso una pittura formale, da giocoliere del cavalletto. Non così in D’Arliano, decisamente avverso a una pittura priva di contenuto umano, priva di pathos, poiché il senso che egli ebbe dell’umanità fu niente affatto superficiale e contingente, ma scavato fino a raggiungere le radici di quel mondo. Credere nell’immortalità è una cosa, ma necessario è anzitutto credere nella vita: concetto al quale D’Arliano fu sempre fedele nel corso dei suoi 80 anni senza mai scantonare anche se attratto da lusinghiere suggestioni o da facili guadagni. Protagonista egli stesso, sensibile ai problemi sociali del nostro tempo, ha ricostruito in una rievocazione appassionante come le illustrazioni di un romanzo di avventure, ma rigorosa come uno studio storico, l’epoca ormai leggendaria della nostra navigazione a vela. I suoi quadri se messi in fila, allineati secondo un ritmo rapsodico, fanno la storia mai prima di oggi raccontata, di quelle barche e quindi di quei tempi e di quegli eccezionali uomini.

D’Arliano dipingendo narra, narra tutto, anche le manovre di bordo, le acque e i cieli con quella passione per la vita aspra del mare che è nella sua natura di viareggino. Dalle bonacce sotto la linea, alle drammatiche con le forze scatenate della natura egli ritrova i colori ora foschi e ora sereni che sono del mare, e gli stati d’animo da questi suscitati brandendo la tavolozza come la ruota del timone. Mille bianchi velieri, mille città che prima non avevano un nome nel linguaggio del mare, ora si accendono in quelle tele, simili ad altrettanti fanali di bordo sulle rotte gloriose di un tempo. Non c’è meridiano che sfugga al conto delle traversie patite, né latitudine che non abbia un porto e una data dipinti a lettere azzurre sul coronamento di poppa. Sfogliando il portolano della memoria è con piacere che accolgo l’invito di dedicare due parole all’opera e alla vita di Antonio D’Arliano, figura a noi cara. Mi sembra che la spiegazione di questo debba trovarsi nella qualità stessa dei suoi meriti fondendo insieme il romantico con il piacevole. Queste sue tele patinate dal salino saranno una lieta scoperta nel senso che contentando se stesso, così D’Arliano contenta noi. Ma nessuno più di lui ne conobbe le pene, le veglie, le angosce. Non dimentichiamolo. Nella spirale dei suoi 80 anni di ininterrotto lavoro, per la natura, la scelta e il carattere del quale dobbiamo essergli grati.

Silvio Micheli